mercoledì 20 aprile 2011

Il manifesto di Valmaura

Pubblichiamo un documento curato dal nostro candidato Mario Reali con alcuni componenti del gruppo Forum Trieste 2011. Il documento è vicino, ma non necessariamente coincidente, ad alcune posizioni di SEL in tema di sanità. Tuttavia può essere un buon punto di partenza per iniziare una discussione, anche con il Forum Trieste 2011, su alcuni argomenti che ci stanno molto a cuore e sui quali vorremmo dire la nostra per portare avanti con forza le idee che sono sul nostro programma. Voi cosa ne pensate?


Il manifesto di Valmaura è la nostra Costituzione e carta dei Diritti di Salute.
Obiettivi prioritari  contenuti nel Manifesto di Valmaura
a)
Ogni donna in gravidanza, attraverso il percorso nascita distrettuale, ha la sua ostetrica che l’accompagni anche nel momento del parto al Burlo.
b)
Ogni nuovo nato del Distretto ha un’equipe di operatori e tra questi un tecnico di riferimento che gli garantisca un percorso di salute tra l’ospedale e la sua casa e che aiuti i suoi genitori ad affrontare con tranquillità il percorso della crescita.
c)
Ogni persona, bambino, adolescente, uomo, donna, cosi come già succede per gli anziani, ha un servizio istituzionale di assistenza domiciliare integrata identificando la visita domiciliare come la più elevata tecnica terapeutica e non solo come modalità di erogazione per chi non può uscire da casa.

d)
Ogni cittadina e cittadino , in particolare le donne e gli uomini anziani , vengono difesi dall’istituzionalizzazione, sia ospedaliera che assistenziale attraverso interventi alternativi immediati di alta integrazione domiciliare.
e)
Per ogni progetto che richiede interventi complessi ed integrati, il tecnico curante deve garantire che le istituzioni sociali ed educative e degli alti settori della vita cittadina facciano quanto di loro competenza.
f) 
Ogni persona del Distretto riceve le visite e le prestazioni di cui ha bisogno nei tempi giusti, senza attesa, facendo in modo che le situazioni complesse non entrino più in anonime liste d’attesa e abbiano progetti di diagnosi e cura personalizzati.
g)
Ogni persona sia tutelata nel proprio diritto alla salute tramite interventi di prevenzione ed educazione sanitaria efficaci che attraverso linguaggi chiari siano in grado di dirimere dubbi e legittime preoccupazioni.

h)
Ogni persona con problemi di disabilità trova dall’inoltro della domanda al riconoscimento dei bisogni un percorso intelligente semplice, veloce, a garanzia di quanto per diritto deve ricevere. Non vogliamo che sia un lungo iter burocratico ma che costituisca un progetto di salute personalizzato con un operatore curante di riferimento. Il riconoscimento dell’invalidità e le correlate misure economiche sono un diritto  della persona disabile o invalida e non “carità concessa”.La commissione medico-legale deve essere composta anche dai tecnici che curano e conoscono la persona malata, anche con la partecipazione di rappresentanti di associazioni che tutelino i diritti dei loro assistiti. E questo deve essere gratuito per l’utenza.
i)  
Ad ogni persona con bisogno di salute deve essere garantita la risposta dei propri operatori sanitari (medici, infermieri ecc) in ogni ora del giorno e della notte 24 ore su 24 7 giorni su 7.
j) 
Garantire a tutti i cardiopatici, broncopneumopatici, diabetici, malati di tumore, persone con problemi psichiatrici e tossicodipendenza e chiunque affetto da malattie di lungo periodo un percorso diagnostico, terapeutico, assistenziale personalizzato con un proprio infermiere, un proprio medico di famiglia ma anche con il proprio specialista.
Le esperienze di questi anni hanno dimostrato che è possibile evitare in una grandissima percentuale di casi il ricorso agli ospedali, assolutamente rischioso in particolare per i grandi anziani. I ricoveri ospedalieri possono e devono essere ridotti in modo ancora più significativo, sviluppando ulteriormente i servizi territoriali e in particolare dotandoli di una possibilità di diagnostica completa in tempo reale, senza dover ricorrere alle strutture ospedaliere. Tutte le cure di lunga durata possono e devono essere erogate a domicilio e molte delle situazioni acute possono essere gestite da strutture territoriali, se si realizza a quel livello la risposta tempestiva in termini di attrezzature per diagnosi complete.Il sindaco come massima autorità sanitaria locale ha poteri diretti sulle questioni principali della sanità locale. Ne ha poi come partecipe della Conferenza regionale dei Sindaci e ne ha influenza politica. Deve esercitare questi poteri e queste responsabilità soprattutto a fronte del depauperamento quali-quantitativo attualmente portato avanti dalla Giunta Regionale.Il sindaco deve favorire tutti i processi che vanno nella direzione dell’integrazione sociosanitaria. Le competenze “sociali” del comune e quelle delle aziende sanitarie devono integrarsi a livello di governo, di operatori, di processi. Anche sotto il profilo logistico è necessario progettare unificazione di luoghi unici di erogazione dei servizi distrettuali e dei servizi sociali. Si deve richiedere un sempre più organico sviluppo dei Distretti in cui vengano inserite a pieno titolo le attività dei Medici di Famiglia. I distretti devono diventare distretti socio-sanitari a tutti gli effetti.Raccomandazioni del Forum:è necessario privilegiare gli investimenti sociosanitari sulle patologie di lunga durata;è necessario investire sulla diagnostica per accelerare i tempi di permanenza in ospedale e/o evitarli;è necessario portare nel territorio quelle branche specialistiche e quelle risorse professionali che si rivolgono a patologie che non richiedono prevalentemente il ricovero ospedaliero. Si tratta di rafforzare le risposte distrettuali (che devono incorporare anche il lavoro dei medici di medicina generale);Trieste deve contrastare centralizzazioni amministrative (aree vaste, accorpamenti e soppressione di aziende sanitarie, etc.) fin quando non sia assolutamente chiaro l’insieme di finalità per cui queste operazioni vengono messe in atto. Se si ritiene che unificare le aziende serva a ridurre i costi occorre presentare prima e non dopo uno studio chiaro che dimostri quali costi si riducono e quali costi crescono (in termini aziendali un ‘piano industriale’). Se altri sono gli obiettivi dell’accorpamento, vanno dichiarati e discussi. Nulla di tutto ciò è stato finora fatto se non in modo superficiale e dilettantistico.Trieste deve contrastare accorpamenti di servizi o nascita di nuovi servizi centralizzati che non hanno nessuno scopo se non di carattere clientelare o di favoritismo nei confronti di determinati territori. Non ha alcun senso una centrale unica del 118 a Palmanova. Non ha alcun senso un unico CUP regionale a Pordenone. Tanto meno ha senso il progettato centro per l’autismo a Pordenone e ancor meno il centro per disturbi alimentari sempre a Pordenone. Si tratta di sprechi inutili su servizi del tutto inappropriati. Per quanto riguarda Trieste queste operazioni comporterebbero significative riduzioni di posti di lavoro;invece di diktat centralistici devono essere incentivate autonome scelte locali di allestimento di sinergie condivise tra settori di aziende diverse;le ristrutturazioni degli ospedali devono essere indirizzate a concentrare tutta l’attività ospedaliera a Cattinara e lì occorre investire in risorse umane e strumentali, per ristrutturare edilizia e attrezzature, ridurre funzioni improprie, ottimizzare quelle proprie;l’ospedale Maggiore deve essere dedicato via via esclusivamente, con il procedere del suo recupero, ad attività sanitarie e sociosanitarie senza degenza;ulteriori riduzioni dei ricoveri ospedalieri soprattutto di anziani possono essere realizzate dal rafforzamento dell’integrazione e dalla organicità delle risposte assistenziali domiciliari in sinergia comune-sanità;si deve stimolare il privato convenzionato a passare da un’offerta di ricovero con degenza a forme di day hospital, attività ambulatoriali e domiciliari coordinate con i distretti;occorre definire e realizzare un credibile programma pluriennale, nell’ineludibile obiettivo di giungere ad una offerta uniforme di servizi distrettuali medico-infermieristici garantiti sulle 24 ore, continuativi, affiancati da servizi socio-assistenziali comunali sulle 12 ore, 7 giorni su 7;le aziende sanitarie devono privilegiare fortemente la cooperazione sociale di tipo B quando esternalizzano attività e appaltano forniture di beni e servizi;il budget di salute personalizzato con compartecipazione Comune-Azienda Sanitaria-altri soggetti è uno strumento di grande utilità per l’integrazione degli interventi sociosanitari. Tale strumento va valorizzato e esteso per superare le rigide distinzioni tra interventi sociali e sanitari;le politiche di microarea in cui sanità, comune, ATER, terzo settore, abitanti, lavorano insieme su un universo di popolazione, con un grande lavoro di prossimità vanno moltiplicate.Il Forum fa proprio il manifesto “Per una buona sanità” che sottolinea con forza la priorità assoluta da attribuire alle cure a domicilio.
Politiche sociali
1 Welfare di comunità
Per quanto riguarda i servizi sociali dei comuni, la scelta deve privilegiare l’utilizzatore finale. È necessario allora:
-ridurre l’apparato;
-deburocratizzare i processi;
-trasferire risorse più direttamente all’utente, abbattendo i costi delle strutture.
Le politiche sociali non possono identificarsi con l’ “assistenza sociale”: devono essere pianificate e realizzate attraverso il coordinamento dei vari assessorati che vengano coinvolti nel miglioramento della qualità della vita di aree della città e dei gruppi più vulnerabili dei cittadini – strumenti urbanistici, attrezzature sportive, verde pubblico, inserimenti lavorativi, sistema dei trasporti agevolati, politiche della casa, ecc.
Ogni sforzo deve essere compiuto perché servizi sociali e sanitari operino nelle stesse sedi e con procedure uniformi. E inoltre: valorizzazione del ruolo e delle funzioni dellacooperazione sociale da parte di tutti gli enti.
Quel che chiediamo è quindi un “welfare di comunità”, dove le risorse della gente singola o associata, delle reti sociali, dei rioni siano arricchite (e non depotenziate) dalle istituzioni sanitarie, di servizio sociale, culturali ecc. Dove la sicurezza sia quindi prodotta non dai vigilantes ma dalla protezione sociale dei più deboli e dallo sviluppo dei legami sociali (di famiglia, di caseggiato, di rione, di circoli sportivi, ricreativi, culturali, ecc.).
2. Invece che in casa di riposo
Chiediamo al candidato sindaco di avere il coraggio di dire che le case di riposo devono essere superate. Chiediamo che il Comune apra un ufficio specifico su questi temi e che sostenga direttamente forme alternative all’istituzionalizzazione, per esempio fornendo agevolazioni alle persone anziane interessate ad andare a convivere, o rilanciando la figura del “portiere sociale”. L’ufficio “Invece che in casa di riposo” deve lavorare in stretta collaborazione con i punti unici dei Distretti Sanitari, che raccolgono la maggior parte delle richieste di aiuto riguardante le persone anziane. Avviamento dia)50 appartamenti di “coabitazione possibile” in un anno; b) di una campagna per l’attivazione del portiere solidale di caseggiato; c) di una campagna pubblica per il volontariato di pensionati in tutti gli ambiti (culturali, tempo libero, formazione, artigianale, assistenziale, etc., preventivamente individuati).
3. Il reddito di base
Il reddito di base, introdotto tardivamente dalla precedente Giunta regionale, è stato presto abolito dall’attuale maggioranza. All’eliminazione dell’ RdB è seguita una riduzione e ulteriore frammentazione dei sostegni economici. Al nuovo sindaco chiediamo quindi di impegnarsi a fondo nella richiesta di reintroduzione del RdB; e di contribuire alla semplificazione delle procedure richieste per l’assegnazione dei contributi.
4. Gli asili nido
Occorre riprogrammare una politica concreta sugli asili nido, pubblici e privati, per dare risposta nelle sedi rionali alle domande.
NEL 2009: 400 DOMANDE INEVASE PER MANCANZA DI POSTI PUBBLICI
tipologia
numero strutture
numero posti
comunali
16
750
privati convenzionati
11
110
privati-privati

326

5. Potenziare le microaree
Le Microaree sono aree sperimentali di intervento congiunto tra Comune, Ass, Ater e altre realtà di quartiere. Hanno dato risultati importanti in alcune zone della città. Le esperienze avviate vanno rafforzate ed estese in numero e intensità. Si tratta di progetti di sviluppo della rete dei servizi (sanitari, sociali ecc.) a livello di caseggiati e di azioni congiunte per migliorare l’habitat dei residenti, puntando su una partecipazione collettiva all’azione.

6. Cooperazione sociale
“Il sociale” – se gestito diversamente – può essere agente di sviluppo, cultura e ricchezza per la collettività. Alla nuova giunta chiediamo:
a) di agevolare i percorsi d’inserimento lavorativo delle persone provenienti dall’area del disagio, riservando alle cooperative che lo fanno il 5% del budget delle esternalizzazioni comunali (come del resto avviene già in alcune città italiane);
b) di richiedere nei bandi di gara per l’aggiudicazione degli appalti soprammenzionati quali saranno modalità e obiettivi che l’impresa si prefigge riguardo agli inserimenti lavorativi dichiarati;
c) di controllare la veridicità di quanto dichiarato dalla ditta vincitrice attraverso un’apposita commissione, composta oltre che dai funzionari pubblici anche dalle realtà sociali che operano su questi temi (associazioni dei familiari, associazioni di utenti, associazioni di categoria, ecc.).
Molti interventi innovativi di microimprenditorialità potrebbero essere sostenuti dal Comune attraverso cooperative sociali. Inoltre, le cooperative sociali potrebbero gestire le nuove iniziative proposte in questo programma in particolare quelle riguardanti i giovani, il verde pubblico, la raccolta differenziata, il fitorimedio, etc.
7. Rientro minori d'età dalle comunità fuori provincia
La presa in carico dei minori di età in situazione di rischio o difficoltà deve essere fatta nel territorio di origine. Le comunità vanno sottoposte a una valutazione molto più rigorosa (sistema di accreditamento e controllo da parte della Regione) e devono essere incoraggiate e diffuse misure precoci a sostegno della genitorialità.
Sono forme alternative all’istituzionalizzazione: a) interventi domiciliari e nel contesto di vita, per salvaguardare la permanenza in famiglia; b) il ricorso temporaneo all’affido nella famiglia allargata o in altra famiglia; c) il sostegno concreto e articolato a una rete di famiglie di affido. Solo in forma eccezionale e sempre limitata nel tempo si dovrebbe ricorrere al ricovero in comunità.
E’ urgente realizzare 25 programmi di vita per i 25 minori che oggi si trovano fuori provincia, per lavorare per il loro rientro (salvo situazioni con comprovate esigenze di sicurezza). E’ urgente realizzare 91 programmi di vita per i 91 minori che si trovano in comunità nella provincia di Trieste.

8. Il garante dei diritti dei detenuti
La legge autorizza gli enti locali a nominare un “garante per i diritti dei detenuti”, legittimato a effettuare visite a sorpresa nelle prigioni, segnalare situazioni di particolare disagio e così via. Malgrado la situazione catastrofica delle nostre carceri (al Coroneo sono recluse 266 persone, a fronte di una capienza massima di 155 detenuti), in tutto il Friuli Venezia Giulia non è attivo nemmeno un ombudsman. Chiediamo con forza al nuovo sindaco di nominare al più presto un garante per il territorio triestino, e di spendersi affinché venga istituita una figura analoga a livello regionale.
9. Le misure alternative alla detenzione carceraria
La legge dispone una vasta gamma di pene alternative alla detenzione in carcere (dagli arresti domiciliari all’affidamento ai servizi sociali o a comunità terapeutiche). Il ricorso a queste misure, che generalmente garantiscono migliori possibilità di reinserimento sociale per le persone condannate, ci appare tanto più necessario in conseguenza dello stato disastroso delle nostre galere. Chiediamo quindi al sindaco di elaborare un piano finalizzato a rimuovere i colli di bottiglia che ostacolano il ricorso a misure alternative.
10. Progetto "iniquitalia"
Agenzie incaricate dallo Stato o dal Comune come esattorie relative a molte fattispecie sono ormai strumenti vessatori sulla cittadinanza. Chi deve pagare una multa o altro è giusto che paghi. Ma che ritardi, disguidi, equivoci ecc. configurino spesso interessi di “mora” del tutto iniqui, con ipoteche su beni essenziali (casa, auto, ecc.) sta determinando scenari di totale iniquità.
Il Comune di Trieste dovrebbe rivedere le procedure proprie in proposito e identificare una forma di tutela giuridica per il cittadino di fronte agli eccessi dell’agenzia esattoriale.

11. Per non dimenticare chi dimentica

Oggi a Trieste, circa duemila persone vivono a casa il dramma di vedere ogni giorno i propri ricordi svanire e altrettante stanno nelle case di riposo. Una realtà immensa, oggi trascurata, brutalmente nota come “vivere con un vecchio che ha l’Alzheimer”. La medicina può fare molto poco e l’assistenza sociale per lo più si arrende, debole per le scarse risorse. In generale le istituzioni temono l’onda d’urto di una domanda che non avrebbe risposte e sono in posizione di difesa. Nell’arco di 10-15 anni il numero di queste persone raddoppierà. Chiediamo al candidato Sindaco, di impegnarsi per:
1. potenziare tutti i servizi istituzionali, quelli legati ai servizi sociali, cercando nuove risorse per nuovi servizi (ad es. i centri diurni) e per sostegno o compensazione economica alle famiglie; attivare anche servizi pubblici di altro tipo come i trasporti facilitati, occasioni di incontro e intrattenimento, agevolazioni per la casa.
2. contribuire all’attivazione dei CLUB (CIRCOLI) DELLA MEMORIA uno in ogni rione. Saranno strutture/servizi non-istituzionali, espressione della solidarietà e sussidiarietà, delle capacità e delle risorse liberate nei rioni e quartieri, incentivate e sostenute dal Comune. Gruppi di volontari, associazione, parrocchie, gruppi di cittadinanza attiva e ogni forma di libera aggregazione saranno coinvolti per offrire accoglienza, protezione, sostegno a queste persone in cui la memoria vacilla; in spazi e locali accoglienti, piccoli, di impronta domestica; potrebbero essere appartamenti, case, locali a piano strada oggi non fruiti, resi disponibili dalle risorse locali o, ove possibile, anche dal Comune. Gli stessi familiari (come già accade ad esempio a Pordenone) possono diventare protagonisti non solo per i propri cari, ma anche per altri, ed esserne ricambiati. Le istituzioni affiancheranno questi percorsi con i propri operatori, in modo flessibile, personalizzato, senza ingabbiare i problemi in vincoli burocratici, con servizi più forti, perché nessuno possa pensare che l’istituzione deleghi ad altri la soluzione dei problemi


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